Lui, che giovanissimo è nato nel 1990, non ne sa nulla degli anni ’60, dell’atmosfera che si viveva in quegli anni, anni di contestazione e di speranza, di sogni e delusioni.
Eppure Achille Lauro ha voluto cercare di ricostruire quelle atmosfere nell’album “1969”, che proprio in queste ore è arrivato ufficialmente in radio e nei negozi.
L’album è prodotto da Fabrizio Ferraguzzo e Boss Doms e contiene dieci tracce, tra cui “Rolls Royce”, brano presentato a Sanremo, in cui l’artista esprime la sua voglia di “parlare a tutti”, fondendo il rock al punk, la trap al pop.
Perché la scelta è caduta su quel determinato anno? “Quella è stata per l’umanità l’epoca più importante a livello creativo, l’epoca della libertà, del cambiamento. Nel 1969 sono successe tante cose, da Woodstock al primo uomo sulla Luna. Quindi il titolo rispecchia quello che stiamo inseguendo: la voglia di fare, di essere liberi e di portare il cambiamento…”.
In copertina quattro icone degli anni Sessanta/ Settanta: “James Dean come esempio della gioventù sregolata, Marilyn Monroe perché è citata anche in Rolls Royce con la frase “preferisco piangere sui sedili di una Rolls Royce che in quelli di una metro”, Jimi Hendrix come rappresentante dell’immaginario hippie e libertino, Elvis, che ha contaminato la mia musica soprattutto negli ultimi anni”.
«Per la prima volta – dice poi l’artista romano – mi sento al posto giusto nel momento giusto. Nell’album ho riproposto le sonorità Anni Sessanta e Settanta, ma in una chiave tutta mia».
Nel disco si respira leggerezza, ma anche una profonda malinconia: «Tutti passano momenti difficili, ma io sono riuscito a fermarli, a trasformarli in canzoni. Sono fortunato perché sono riuscito a prendere le mie sensazioni e il mio passato e farne una carriera. Ma io sono un operaio del successo, ho lavorato a tutto questo senza mai dormire negli ultimi sette anni».