Anche se ormai di Aids non si muore più immediatamente, come accadeva negli anni ’80 e ’90, comunque si è costretti a conviverci per tutta la vita, assumendo farmaci ogni giorno e con la costante paura che anche un’influenza possa rivelarsi letale, visto l’abbassamento di tutte le difese immunitarie.
La ricerca ha fatto passi da gigante ed il virus riesce a rimanere latente anche per decenni prima di trasformarsi in infezione conclamata, ma è appena arrivata la notizia di uno studio, tutto italiano, che potrebbe rivelarsi rivoluzionario per la cura di questa malattia.
Secondo la suddetta ricerca, durata 8 anni e pubblicata su Frontiers in Immunology, di pazienti immunizzati con un vaccino messo a punto da Barbara Ensoli dell’Istituto Superiore di Sanità, la somministrazione del vaccino terapeutico italiano Tat contro l’Hiv/Aids a pazienti in terapia antiretrovirale (cART) è capace di ridurre del 90% il “serbatoio di virus latente”, inattaccabile dalla sola terapia, e apre una nuova via contro l’infezione.
“Sono risultati – ha affermato la dottoressa Ensoli – che aprono nuove prospettive per una cura funzionale dell’Hiv, ossia una terapia in grado di controllare il virus anche dopo la sospensione dei farmaci antiretrovirali. In tal modo, si profilano opportunità preziose per la gestione clinica a lungo termine delle persone con HIV, riducendo la tossicità associata ai farmaci, migliorando aderenza alla terapia e qualità di vita, problemi rilevanti soprattutto in bambini e adolescenti. L’obiettivo, in prospettiva, è giungere all’eradicazione del virus”.
La ricerca di una cura dell’Hiv, insieme alla prevenzione dell’infezione, fa sapere invece l’Istituto, è “un’assoluta priorità della comunità scientifica internazionale anche per le vaste risorse che l’Hiv/Aids sottrae alla lotta alla povertà e alle ineguaglianze nel mondo”.