L’alcol è uno dei principali fattori di rischio per la salute della persona e della comunità: in quanto sostanza psicoattiva, interferisce sullo stato di vigilanza e sul comportamento di chi lo consuma.
Eppure bere alcolici piace e i numeri del resto parlano chiaro: il fenomeno relativo al consumo di bevande alcoliche in Italia, negli anni più recenti, sta decisamente mostrando un profilo nuovo rispetto agli ultimi decenni.
A fronte di una riduzione del consumo di vino durante i pasti, si registra un progressivo aumento di consumo di bevande alcoliche occasionale e al di fuori dei pasti, condizione ancor più dannosa per le patologie e le problematiche correlate.
I dati relativi al 2016 mostrano, infatti, una diminuzione rispetto all’anno precedente dei consumatori giornalieri, mentre cresce la quota dei consumatori occasionali di alcol (dal 42,2% del 2015 al 43,3% del 2016) e quella di coloro che bevono alcolici fuori dai pasti (nel 2014 erano il 26,9%, nel 2015 il 27,9%, nel 2016 risultano il 29,2%).
A dirlo la Relazione del Ministro della Salute sugli interventi realizzati in materia di alcol e problemi correlati, trasmessa al Parlamento il 21 marzo 2018, che fornisce un aggiornamento dei dati epidemiologici sul consumo di bevande alcoliche nella popolazione italiana nel corso del 2016 e descrive le azioni di prevenzione messe in atto dal Ministero e dalle Regioni durante il 2017, per contenere il fenomeno correlato al consumo rischioso e dannoso di alcol.
In Italia ci sono tante persone che abusano di alcol: secondo i dati Istat relativi all’anno 2016 sono 8 milioni 643mila. Gran parte dei bevitori sono uomini; alzano il gomito comunque anche 2 milioni e mezzo di donne. Tutti i forti bevitori italiani non sanno o fingono di non sapere che l’alcol non solo fa male alla salute ma provoca anche assuefazione.
Le fasce di popolazione più a rischio per entrambi i generi sono quella dei 16-17enni, che non dovrebbero consumare bevande alcoliche, e quella dei «giovani anziani» (65-75 anni). Circa 800mila minorenni e 2.700.000 ultra sessantacinquenni, infatti, sono consumatori a rischio per patologie e problematiche alcol-correlate.
Nella fascia giovanile, il binge drinking (assunzione di numerose unità alcoliche al di fuori dei pasti e in un breve arco di tempo) rappresenta l’abitudine più diffusa e consolidata. Nel 2015 il fenomeno riguardava il 15,6% dei giovani tra i 18 e i 24 anni di età, di cui il 22,2% maschi e il 8,6% femmine.
Nel 2016 il fenomeno riguarda il 17% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età, di cui il 21,8% maschi e l’11,7% femmine.
Ricordiamo che il consumo di bevande alcoliche è responsabile o aumenta il rischio dell’insorgenza di numerose patologie: cirrosi epatica, pancreatite, tumori maligni e benigni (per esempio quello del seno), epilessia, disfunzioni sessuali, demenza, ansia, depressione.
L’alcol è inoltre responsabile di molti danni indiretti (i cosiddetti danni alcol-correlati), dovuti a comportamenti associati a stati di intossicazione acuta, come nel caso dei comportamenti sessuali a rischio, degli infortuni sul lavoro e degli episodi di violenza.
Molti ignorano infine che l’alcol provoca anche danni alla salute sessuale e riproduttiva dell’uomo e della donna, per l’interferenza con il funzionamento delle ghiandole che regolano la produzione di ormoni. Problemi ovulatori e mestruali, intaccamento delle funzioni riproduttive, riduzione dell’efficacia della pillola anticoncezionale sono i maggiori effetti sull’apparato femminile, mentre nell’uomo il consumo di alcol riduce la fertilità e la capacità erettile, fino a essere causa di impotenza.