E’ stata scoperta la seconda grande macchia rossa del Pianeta Giove: da cosa dipende?
Giove, il gigante del Sistema Solare. In questi giorni si staglia a sud con nettezza, luminosissimo. Sembra quasi un faro. Veglia e giganteggia sulle nostre teste, il Dio degli Dei della mitologia greca.
Non è difficile osservarlo bene anche con un piccolo telescopio, sempre che abbiamo un minimo di dimestichezza con questi attrezzi.
E se proprio non possediamo un telescopio, possiamo provare con un binocolo abbastanza potente, da almeno 10-15 ingrandimenti, in maniera tale da riuscire a scorgere qualche particolare sulla sua superficie.
Con un buon telescopio è molto agevole riuscire a individuare alcune bande che lo percorrono da un emisfero all’altro, e non raramente, si riesce a vedere anche la famosissima macchia rossa, una piccola figura ovale dal colore rossastro, probabilmente prodotta da incessanti tempeste sulla sua superficie.
E’ possibile vederla quando è in fase, come dicono gli astronomi, cioè quando la rotazione del pianeta ci consente di vedere la faccia che dà verso di noi, contenente per l’appunto la grande macchia rossa.
Ma finora ci eravamo limitati all’osservazione di questa piccola, meravigliosa anomalia: che succede quando se ne scopre un’altra?
Che bisogna ovviamente cercare di osservarla e di fotografarla, capendo quale sia l’origine e mettendola in relazione con quella principale.
In realtà questa seconda macchia ha una forma abbastanza irregolare e si trova nella parte alta dell’atmosfera del pianeta. Si tenga conto che Giove viene anche chiamato gigante gassoso.
Non si sa se sotto le nuvole ci sia il terreno; probabilmente, più che roccia allo stato solido, esiste prevalentemente materia in forma di plasma.
Comunque la scoperta della seconda macchia rossa è stata annunciata ufficialmente nell’articolo The great cold spot in Jupiter’s upper atmosphere, che è stato appena pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Geophysical Journal Letters.
Il nome “Grande macchia fredda” naturalmente è dovuto alla temperatura rilevata sulla macchia, che è più fredda di circa 200 gradi Kelvin rispetto all’ambiente circostante.
A scoprire la macchia fredda è stato Tom Stallard, dell’università britannica di Leicester grazie alle immagini catturate dal Very Large Telescope (Vlt) dell’Osservatorio Europeo Meridionale (Eso).
E la sua origine, qual è? A un primo approccio gli scienziati sembrano propendere per un fenomeno generato dalle aurore polari, qualcosa quindi destinato probabilmente anche a sparire. Ma siamo solo all’inizio degli studi. Vedremo cosa succede già nei prossimi mesi.