Formazione professionale: quando il minimo legale non basta più

Il dibattito sulla formazione professionale continua in Italia torna periodicamente ad accendersi, specialmente in concomitanza con l’aggiornamento delle normative. Il quesito di fondo resta sempre lo stesso: i crediti formativi minimi, imposti per legge a molte categorie professionali, sono realmente sufficienti a garantire la piena competenza e l’adeguamento costante alle esigenze di un mercato in rapida evoluzione? La risposta, per molti, tende al no.

Le normative recenti, come l’Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025 in materia di salute e sicurezza sul lavoro, introducono sì aggiornamenti importanti e armonizzano disposizioni precedenti, ma il rischio è che il focus rimanga sull’adempimento burocratico piuttosto che sulla crescita professionale sostanziale.

Questo accordo, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 119 del 24 maggio 2025, definisce nuovi criteri per i soggetti formatori, ma la percezione comune è che le soglie minime di credito non riflettano la reale necessità di aggiornamento continuo.

Oltre l’obbligo: le competenze richieste dal mercato

Per molte professioni, l’acquisizione di un certo numero di crediti formativi è un requisito imprescindibile per mantenere l’abilitazione. Gli avvocati, per esempio, devono conseguire 60 crediti formativi nell’arco di un triennio. Allo stesso modo, commercialisti, insegnanti e personale sanitario sono sottoposti a obblighi simili. Queste previsioni legislative nascono dall’esigenza di assicurare uno standard qualitativo e un aggiornamento delle conoscenze.

Ecco perché negli ultimi anni hanno trovato sempre più spazio strumenti flessibili come la formazione a distanza, come questa piattaforma per l’ottenimento dei crediti ECM, che permettono di conciliare l’aggiornamento continuo con le esigenze lavorative, offrendo percorsi dinamici e più vicini alle reali necessità del mercato.

Tuttavia, il mondo del lavoro evolve a una velocità senza precedenti. L’innovazione tecnologica, i cambiamenti normativi e le nuove dinamiche sociali richiedono ai professionisti di espandere costantemente le proprie competenze. Fermarsi al minimo legale significa rischiare di rimanere indietro, di offrire servizi meno competitivi o addirittura obsoleti. Le competenze trasversali, la digitalizzazione, la sostenibilità e la capacità di risolvere problemi complessi diventano elementi distintivi, spesso non coperti a sufficienza dai percorsi minimi obbligatori.

Il sistema attuale, pur garantendo una base, non sempre incentiva un’ottica proattiva di apprendimento. Spesso, il professionista vede l’obbligo formativo come un mero adempimento da assolvere, cercando il percorso più breve o meno impegnativo, piuttosto che quello più arricchente. Questa mentalità può compromettere la qualità complessiva delle prestazioni professionali e la fiducia che i clienti ripongono nei servizi offerti.

La formazione come investimento strategico e differenziante

Guardare alla formazione oltre il minimo legale non è solo una questione di eccellenza, ma una vera e propria strategia competitiva. I professionisti che investono tempo ed energie in percorsi formativi avanzati, seminari specifici o certificazioni aggiuntive acquisiscono un vantaggio distintivo sul mercato. Ciò si traduce in una maggiore capacità di affrontare sfide complesse, di proporre soluzioni innovative e di adattarsi ai mutamenti del settore.

L’Accordo 2025, pur con le sue innovazioni, come l’attenzione alla formazione in videoconferenza sincrona e all’e-learning, mantiene un focus prevalentemente normativo. L’importanza dei soggetti formatori con esperienza documentata, per esempio, riconosce il valore della pratica, ma la deroga per i datori di lavoro che possono formare i propri dipendenti solleva ancora il dubbio sulla profondità della formazione quando non è esterna e specializzata.

La vera sfida consiste nel promuovere una cultura della formazione continua che vada oltre la logica dell’obbligo. Non si tratta solo di accumulare crediti, ma di acquisire nuove abilità, affinare quelle esistenti e mantenere una mente aperta all’innovazione. La formazione è un investimento sul proprio futuro professionale, un fattore chiave per la resilienza e la crescita in un mercato sempre più esigente. Gli attestati di validità nazionale garantiscono una base, ma la vera validità di un professionista si misura dalla sua capacità di andare oltre il minimo indispensabile, anticipando le esigenze e offrendo un valore aggiunto costante.

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