Smartphone e tumori, quali collegamenti
Esistono collegamenti fra smartphone e tumori? E quali sono?
Fanno male davvero i cellulari? Diciamo che evidenze scientifiche in questo senso ancora non ce ne sono. Ma non è detto che, con il passare del tempo, non ne scopriremo. Per ora potrebbe essere sufficiente adottare la saggia regola “cum grano salis”, vale a dire con un pizzico di intelligenza, di raziocinio.
Facciamo un caso. Se ci proponessero di acquistare una casa accanto a una centrale dell’Enel, dove passano cavi elettrici a migliaia di volts 24 ore su 24, avremmo qualche remora? Probabilmente sì, anche se, magari fra venti anni, gli studi scientifici ci diranno che i 50 Hz della rete non fanno affatto male pur se le potenze in gioco sono notevoli.
Eppure, quando accostiamo bene l’orecchio allo smartphone e lo sentiamo bel caldo (capita non raramente) è un indice che quel calore si trasmette al nostro corpo, e insieme al calore una certa dose di radiofrequenza a piccolissime lunghezze d’onda. Per cui quel grano di sale cui accennavamo prima, dovrebbe consigliarci di non stare ore e ore col cellulare attaccato all’orecchio durante la giornata, e magari in maniera continuativa.
Certo, lo si mette spesso in tasca, a contatto o comunque molto vicino agli organi genitali. E allora lì sorge l’altro problema, forse più di natura psicologica che fisica: e se la vicinanza, ad esempio agli organi genitali maschili, provocasse col passare del tempo non solo l’insorgenza di una malattia, ma addirittura l’infertilità?
Il fatto è che viviamo immersi in emissioni di radiofrequenza tutti i giorni e di tutti i tipi. E’ una questione di quantità, di qualità, di tempo e di vicinanza. L’emissione di onde radio dei cellulari, e non solo, è su frequenze molto alte, dell’ordine dei Gigahertz, la qual cosa pare non deporre bene, rispetto ad esempio alle classiche emissioni ad onde medie della radio, o della stessa rete elettrica. Tuttavia bisogna considerare anche che la potenza dei cellulari è in realtà molto bassa.
Non solo. Va considerato pure il tempo dell’esposizione a questi campi elettromagnetici: altra cosa sono dieci minuti, altra cosa sono 5 o sei ore, e magari di seguito. Altro aspetto da considerare è la prossimità, ovviamente.
Più la sorgente è vicina, più c’è il rischio che faccia male. Ma sentiamo cosa ne pensa in merito Alessandro Polichetti, primo ricercatore del Centro Nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell’Istituto Superiore di Sanità, intervistato dal Corriere della Sera. Interrogato su un possibile legame con l’insorgenza di tumori, ha detto:
Il cellulare è un dispositivo che emette campi elettromagnetici a radiofrequenza.
Smartphone e tumori quali collegamenti
Da decenni viene studiata la presunta pericolosità per la salute umana delle onde elettromagnetiche, come quelle emanate dalla telefonia mobile e dalle reti Wi-Fi, ma a oggi nessuno ha dimostrato in modo conclusivo l’esistenza di un nesso di causa-effetto.
Il lavoro più ampio, “Interphone”, pubblicato nel 2010 e condotto dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha sostanzialmente assolto i telefonini per mancanza di prove, evidenziando solo un lieve aumento dei casi di glioma (tumore maligno del cervello) e neurinoma del nervo acustico (tumore benigno) tra chi aveva trascorso al cellulare più di 1.640 ore.
Ma gli stessi autori avevano affermato che è molto difficile provare in modo incontrovertibile il legame diretto tra i due eventi. Un anno dopo, nel 2011, la stessa Agenzia ha classificato le onde elettromagnetiche tra i «possibili cancerogeni». Sono in questa lista (gruppo 2B) tutti gli agenti per i quali al momento esiste solo qualche sospetto di pericolosità per l’uomo.
E sul problema dell’eventuale infertilità, ha tenuto a precisare: Il campo elettromagnetico prodotto dai telefonini è molto debole e non sappiamo attraverso quale meccanismo potrebbe essere eventualmente collegato allo sviluppo di un tumore.
L’unico effetto accertato della penetrazione delle onde elettromagnetiche nel corpo umano è il riscaldamento, ma i livelli a cui siamo normalmente esposti sono troppo bassi per poter avere conseguenze significative sul nostro organismo.