Maggio 7, 2024

Smartphone, la luce blu che emanano fa male agli occhi

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Smartphone la luce blu che emanano fa male agli occhi

I nostri smartphone, ma in generale i dispositivi elettronici con cui ogni giorno abbiamo a che fare, montano display con caratteristiche e resa grafica differenti.

LCD TFT, ad esempio, è un display a cristalli liquidi con matrice attiva, è il più diffuso tra i modelli di fascia bassa e tra i modelli più vecchi. Offre una buona resa visiva, con discreti colori, offrendo anche risoluzioni molto alte.

LDC IPS invece offre angoli di visione estremamente ampi (quasi 180 gradi), che eliminano l’effetto slavato tipico del TFT quando l’angolo di visione non è perpendicolare al pannello stesso. I colori tendono ad essere naturali e molto fedeli al segnale sorgente, con bianchi di alta qualità.

I pannelli  OLED sono senza dubbio il futuro dei display, sia su device portatili che su HDTV: richiedono in generale meno energia per funzionare rispetto agli LCD perché i pixel emettono una luce propria e non necessitano di un pannello di retroilluminazione. Garantiscono angoli di visione simili a quelli dei migliori IPS e la resa cromatica è decisamente buona.

Una cosa però accomuna tutti i modelli: la luce blu che emanano e che danneggia i nostri occhi.

A dirlo i ricercatori dell’Università di Toledo, negli Stati Uniti, in un studio pubblicato poi sulla rivista Scientific Reports.

Secondo gli esperti un’esposizione prolungata alla luce blu degli smartphone e di altri dispositivi sia in grado di attivare molecole dannose nelle cellule dell’occhio, accelerando il percorso verso la degenerazione maculare, ovvero una condizione incurabile.

La degenerazione maculare legata all’età è la principale causa di cecità negli Stati Uniti e, anche se non causa cecità totale, può rendere difficili le attività quotidiane come leggere e riconoscere i volti.

Secondo quanto riferito dal dottor Ajith Karunarathne, un assistente professore nel dipartimento di chimica e biochimica dell’Università: “Siamo esposti continuamente alla luce blu: la cornea e la lente dell’occhio non possono bloccarla o rifletterla. Non è un segreto che la luce blu danneggia la nostra visione, danneggiando la retina dell’occhio. I nostri esperimenti spiegano in che modo ciò accada: speriamo che possano portare a terapie che rallentano la degenerazione maculare, quali un nuovo tipo di collirio.”

Gli studiosi hanno notato come dopo l’esposizione alla luce blu i retinali alterano uno dei componenti della membrana plasmatica delle cellule e uccidono i fotorecettori. Più precisamente nel citoplasma si registra un aumento anomalo della concentrazione di calcio e il fotorecettore muore.

Tale meccanismo, tra l’altro, non avviene solo nelle cellule dell’occhio ma in qualsiasi tipo cellulare che contenga retinali e venga colpito dalla luce blu. I ricercatori l’hanno dimostrato inserendo retinali nelle cellule tumorali, in quelle cardiache e nei neuroni. La morte cellulare, comunque, sopraggiunge se le due condizioni si verificano insieme, cioè non basta il retinale da solo o la luce blu da sola a indurre la morte della cellula.

Kasun Ratnayake, uno degli autori dello studio, spiega: “I fotorecettori non si rigenerano. Quando sono morti, lo sono per sempre”.

“Utilizzare questi dispositivi di giorno, quindi con la luce, o al buio non corrisponde a un danno maggiore o minore. C’è da dire, però, che al buio la luce tende ad attivare il cervello e questo influisce sicuramente sul ciclo sonno-veglia”, spiega la dottoressa Romina Fasciani, dell’Unità operativa complessa (Uoc) di Oculistica Fondazione del Policlinico Universitario Gemelli Irccs di Roma.

E, se è difficile riuscire a provarci da un giorno all’altro dei nostri smartphone e in generale di tutti i dispositivi elettronici che emanano luce blu, ci sono comunque dei consigli utili da seguire: “Oggi ci sono molti filtri che possono essere applicati sugli schermi per limitare l’emissione della luce blu. Si possono, inoltre, utilizzare occhiali fotoselettivi. In ogni caso, sarebbe opportuno ridurre la quantità di tempo davanti ai diversi dispositivi, evitando l’utilizzo al buio, perché si tratta pur sempre di uno stress per il sistema visivo”, conclude la dottoressa Fasciani.

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